SEI UNA PERSONA CO-DIPENDENTE?

Cos’è la co-dipendenza?

 

Una persona co-dipendente si sente talmente coinvolta con qualcuno, in debito con lui, responsabile del suo benessere, dei suoi sentimenti e dei suoi comportamenti, da cessare di occuparsi di sé.

Questi soggetti sacrificano il proprio benessere emotivo, mentale e fisico (e persino la loro sicurezza) per sostenere le loro relazioni e per prendersi cura dei loro partner e dei loro familiari. In definitiva, rinunciano a sé e si dedicano agli altri.

La varietà dei soggetti co-dipendenti è molto vasta, si va da badanti a tossicodipendenti, da soggetti che affiancano e fanno da “spalla” a individui narcisisti, fino a maniaci del super-lavoro.

Pur nelle varie tipologie, essi presentano un tratto in comune: hanno perso la connessione con il proprio Sé: i loro pensieri e i loro comportamenti ruotano intorno a qualcosa di esterno, che può essere una persona o una dipendenza.

È come se fossero capovolti: invece dell’autostima cercano una stima “altra”, basata su ciò che gli altri pensano e sentono di loro.

Invece di soddisfare i propri bisogni, soddisfano quelli degli altri, e anziché rispondere ai propri pensieri e sentimenti, reagiscono a quelli altrui.

Tutto questo ha una conseguenza: essi tendono a controllare gli altri, perché non possono permettersi che gli altri cessino di avere bisogno di loro. Il ruolo salvifico di “crocerossina” assunto dal co-dipendente è possibile solo se di là c’è un soggetto che per qualche motivo continua ad avere bisogno di lui, cioè dipende da lui. Il co-dipendente e il dipendente creano così una coppia indissolubile. Per questo è necessario un controllo perché l’altro continui a essere bisognoso. Si tratta di un sistema subdolo che porta inevitabilmente al conflitto e al dolore, e rende difficile l’intimità emotiva.

 

I soggetti co-dipendenti presentano spesso alcune caratteristiche:

 

Vergogna e bassa autostima

 

Il fatto di non sentirsi abbastanza bravi o di confrontarsi continuamente con gli altri è, sovente, segno di bassa autostima. Quando ci sono problemi di autostima si passa il tempo a pensare a sé, a cosa si è detto, a cosa si è fatto, a cosa gli altri possono pensare di noi. Tutto questo perché si teme di non essere amati o adeguati. Spesso, dietro tutto ciò, a un livello inconscio, si nascondono sentimenti di vergogna (oltre che sentimenti di colpa). E non è raro che per compensare questa vergogna si utilizzi un atteggiamento perfezionistico. Il perfezionismo protegge dalla vergogna perché se tutto è perfetto, non c’è rischio di critica, di giudizio, e quindi non ci si può sentire sbagliati o difettosi.

 

Bisogno di approvazione

 

Tutti abbiamo bisogno dell’approvazione degli altri, soprattutto da parte delle persone a cui teniamo di più, ed è normale, quindi, cercare di non deludere le loro aspettative. Solo che i co-dipendenti eccedono in questa ricerca di approvazione, perché ritengono di non avere scelta, se non essere ciò che gli altri si aspettano da loro. Non possono dire di “No”. Se lo facessero, ciò provocherebbe in loro un’ansia insostenibile. Essi non riescono a contrapporsi a nessuno e si fanno in quattro per essere compiacenti finendo per sacrificare i propri bisogni al fine di accogliere quelli delle altre persone.

 

 

 

Confini sé-altri scarsamente definiti

 

I confini sono una sorta di linea immaginaria tra noi e gli altri. Questa linea divide ciò che è nostro da ciò che appartiene a qualcun altro. Questo vale per il nostro corpo, le nostre cose, ma anche per i nostri sentimenti, i pensieri e i bisogni. Questo è un ambito in cui i co-dipendenti possono presentare una certa difficoltà perché i confini tra loro e gli altri risultano poco definiti. Per esempio si sentono responsabili dei sentimenti e dei problemi degli altri, oppure incolpano se stessi per ciò che dipende da altre persone.

Alcuni co-dipendenti hanno viceversa confini rigidi. Le loro convinzioni sono ferree e difficili da mettere in discussione. Sono chiusi e ritirati, e non consentono agli altri di avvicinarsi.

Altre volte, invece, mostrano un andamento altalenante, e passano dall’avere confini rigidi all’evidenziare confini deboli: alternano momenti di rigidità e chiusura a momenti di eccessiva permeabilità in cui è difficile riconoscere quali istanze appartengano a loro e quali invece sono il frutto di un cieco aderire a sistemi di valori altrui.

 

Reattività

 

Una conseguenza della labilità dei confini è una certa reattività ai pensieri e ai sentimenti degli altri. Le persone co-dipendenti cioè, tendono a interpretare gli eventi relazionali in modo troppo personale e questo può determinare irascibilità e impulsività. Se per esempio viene espressa da un’altra persona un’opinione, con cui il co-dipendente non è d’accordo, è possibile che quest’ultimo si metta sulla difensiva. Questo è il segno che il confine sé-altro non è adeguato. Se lo fosse, ci sarebbe maggiore consapevolezza che l’altra persona ha espresso solo un’opinione che non ha implicazioni su di sé. In altre parole non si sentirebbe minacciato dai disaccordi.

 

Dare aiuto

 

Un altro effetto può essere che, di fronte alle difficoltà dell’altro, sia talmente importante fornire aiuto che non farlo genera un fastidioso senso di colpa.

È come se le necessità altrui fossero messe in primo piano al punto di sacrificare le proprie.

È naturale provare empatia e preoccuparsi per gli altri, ma i co-dipendenti mettono le altre persone davanti a se stessi in modo eccessivo e difensivo. In realtà, sono loro che hanno bisogno di dare aiuto, e potrebbero sentirsi respinti se l’altra persona non accettasse l’assistenza offerta. Infatti, questi soggetti vogliono sostenere e occuparsi dell’altro, anche quando non lo desidera. Questo è spiegabile se consideriamo che, per i co-dipendenti, l’autostima dipende dall’essere necessari, ed è per questo che può essere difficile distinguere tra il dare aiuto e l’imporre un aiuto (in forme che possono giungere fino all’invadenza).

 

Controllo

 

Il controllo aiuta i co-dipendenti a sentirsi al sicuro.

Non c’è nulla di male a volersi sentire sicuri. Tutti noi abbiamo bisogno di controllare gli eventi della nostra vita. Nessuno vuole vivere in uno stato di costante incertezza e caos.

Solo che uno stile eccessivamente controllante, come quello dei soggetti co-dipendenti, può generare una serie di distorsioni. Innanzitutto rischia di limitare la possibilità di fare esperienza e di giungere a nuove autorealizzazioni: infatti l’evoluzione, la crescita e il cambiamento sono legati, in parte, alla nostra capacità di esporci e di rischiare. Se siamo troppo impauriti e privi di fiducia rispetto al futuro, tenderemo a barricarci entro le nostre sicurezze e sarà difficile qualunque progresso o cambiamento, per il semplice motivo che non saremo disposti a metterci in gioco.

 

L’atteggiamento controllante, inoltre, impedisce la condivisione dei propri sentimenti, perché, se gli altri sono visti come potenziali minacce, risulta difficile fidarsi di loro, tanto da aprirsi e manifestare i propri sentimenti.

Per questo i soggetti co-dipendenti hanno uno stile incentrato sull’autocontrollo.

A volte una qualche dipendenza (come l’alcolismo) li aiuta a rilassarsi, ad “addormentare” i propri sentimenti. Altre volte, cercano di contenere i propri affetti attuando comportamenti specifici, come fa, per esempio, il “maniaco” del lavoro, che si tiene occupato per evitare di sentirsi fuori controllo nelle relazioni intime.

I co-dipendenti hanno bisogno di controllare anche chi gli è vicino. Hanno la necessità che gli altri si comportino in un certo modo per sentirsi bene. Per questo può succedere che nelle relazioni utilizzino i vincoli di affetto o di affidamento (per esempio un genitore verso i figli, un badante verso l’anziano, ecc.) per controllare e manipolare l’altro. E se il partner relazionale non risponde alle aspettative, allora, i co-dipendenti possono manifestare prepotenza e dire loro cosa dovrebbero o non dovrebbero fare, violando di fatto i confini tra sé e l’altro.

 

Comunicazione disfunzionale

 

I soggetti co-dipendenti hanno difficoltà a comunicare i propri pensieri, sentimenti e bisogni. In certi casi perché la loro consapevolezza è decisamente scarsa. Altre volte, perché non riescono, per timore, a comunicare le proprie necessità. Hanno paura di essere sinceri perché non vogliono ferire gli altri.

Invece di dire: “Non mi piace. O non sono d’accordo”, meglio fingere che sia tutto ok.

Manipolando l’altra persona a causa della propria paura, la comunicazione del co -dipendente diventa inevitabilmente falsa e confusa.

 

Dipendenza

 

I soggetti co-dipendenti hanno bisogno, per stare bene, che le altre persone li apprezzino. Hanno paura di essere rifiutati o abbandonati, cercano di stare a ogni costo all’interno di una relazione significativa, perché si sentono depressi quando sono da soli da troppo tempo.

Questo tratto rende difficile per loro porre fine a una relazione, anche quando risulta dolorosa o addirittura umiliante. E così, finiscono spesso per sentirsi intrappolati all’interno delle loro relazioni.

 

Rifiuto

 

Può essere difficile dare aiuto a un soggetto co-dipendente perché tende a negare. La negazione è un meccanismo di difesa che consiste nel non vedere le cose per non farsene carico: tutto allo scopo di evitare la sofferenza. È per certi versi la “strategia dello struzzo”, quella di chi mette la testa sotto la sabbia per non vedere. La negazione è, nell’ambito del funzionamento della personalità, la tendenza a non vedere cosa in se stessi può essere causa di sofferenza e di problemi. Il co-dipendente, di solito, pensa che il problema derivi da qualcun altro o che dipenda tutto dalla situazione. Continua a lamentarsi o cerca di cambiare l’altra persona, rifiutandosi di chiedersi qual è il proprio contributo. Oppure passa da una relazione a un’altra, o da un lavoro a un altro, e non si rende conto di avere parte attiva nel problema di cui si lamenta.

I co-dipendenti negano anche i loro sentimenti e i loro bisogni. Spesso, non sanno cosa sentono e sono invece focalizzati su ciò che sentono gli altri. Prestano attenzione ai bisogni degli altri e non ai propri.

 

 

 

Problemi con l’intimità

 

Per intimità ci si riferisce all’entrare in sintonia profonda con qualcuno nell’ambito di una relazione di vicinanza.

I soggetti co-dipendenti potrebbero avere difficoltà a realizzare questo grado di vicinanza mentale e fisica con chi gli è vicino. Questo perché, a causa della vergogna e dei confini piuttosto “deboli”, sono molto permeabili a cosa gli altri pensano di loro e quindi risultano sempre timorosi di essere giudicati, rifiutati o abbandonati. L’intimità può generare, in queste persone, la paura di essere “soffocate dalla relazione”, cioè di perdere la propria autonomia.

 

Emozioni dolorose

 

La co-dipendenza crea stress e porta a emozioni dolorose. La vergogna e la bassa autostima creano le seguenti ansie e paure:

 

di essere giudicato;

di essere respinto o abbandonato;

paura di sbagliare;

paura di fallire;

paura dell’intimità e di sentirsi intrappolati;

paura della solitudine.

 

Tutti questi sintomi portano a sentimenti di rabbia, risentimento, depressione, disperazione.

 

Co-dipendenza e narcisismo

 

Spesso le persone co-dipendenti si legano a persone affette da una qualche forma di dipendenza (per esempio una dipendenza relazionale, o una dipendenza da sostanze, o da specifici comportamenti -il gioco, il sesso, ecc.). Questo perché il soggetto dipendente risulta il contraltare perfetto al soggetto co-dipendente: il primo ha bisogno che ci si occupi di lui mentre il secondo ha bisogno di prendersi cura dell’altro, un incastro ideale!

Nonostante ciò, le persone dipendenti non sono le uniche che si “attaccano” ai co-dipendenti o alle quali i co-dipendenti sacrificano se stessi.

I soggetti co-dipendenti, spesso, instaurano rapporti anche con individui narcisisti.

Il narcisismo è, per certi versi, l’opposto della co-dipendenza. Si dice infatti che il narcisista sia eccessivamente coinvolto con se stesso, che in una relazione senta di dovere mettere i propri bisogni, desideri e sentimenti al di sopra di quelli di chiunque altro, e che manchi anche di compassione ed empatia: esattamente il contrario di ciò che fa il soggetto co-dipendente.

Pur nella loro diversità, però, non è difficile capire i motivi per cui co-dipendenti e narcisisti tendono a legarsi. Mentre il co-dipendente può facilmente “essere sedotto” dall’attenzione e dalla fascinazione che il narcisista esercita, quest’ultimo tende a essere attratto da ciò che il co-dipendente offre in cambio, ossia il completo controllo della relazione. I co-dipendenti, infatti, sacrificano volentieri i propri confini, i desideri personali, i propri obiettivi e persino la loro felicità,  per seguire e compiacere il narcisista, che ama, dal canto suo, l’attenzione ricevuta e la sensazione di essere tutto per il co-dipendente.

Sfortunatamente, questa fiaba iniziale è in realtà una trappola, destinata a finire miseramente.

Una volta che il narcisista ha “sedotto” il co-dipendente (sebbene possa essere altrettanto “corretto” dire il contrario) non prova più l’interesse iniziale. Avendo ottenuto l’amore, l’affetto, il sacrificio e la cura del co-dipendente, ora dà tutto questo per scontato, non ha più interesse e si allontana.

 

Visto che il co-dipendente brama disperatamente di continuare a ricevere l’amore e l’attenzione che il narcisista inizialmente gli aveva riservato, e non riuscendo più a ottenerli, tenderà a mettere in atto comportamenti sempre più dimostrativi per riconquistarlo. Questi comportamenti hanno lo scopo di comprovare il proprio totale amore e la propria abnegazione. Solo che il narcisista è già passato oltre, probabilmente sta già pensando alla sua prossima conquista.

Più il co-dipendente cerca di salvare o ricreare la relazione precedente, dando maggiore attenzione al narcisista, più il narcisista, ricevendo amore crescente e sacrificio incondizionato, consolida la sua credenza onnipotente di potere controllare la relazione senza dover dare nulla in cambio.

Cosa succede poi? I co-dipendenti di solito non vedono nel termine di una relazione un’opzione possibile, perché vivrebbero questa possibilità come un fallimento personale. Dobbiamo tenere presente, infatti, che salvare la relazione è il “lavoro” del co-dipendente. Egli la considera sua responsabilità. Inoltre, a causa della mancanza di autostima, non riesce a tollerare il pensiero di stare da solo. Questa prospettiva è peggiore del pensiero di rimanere in una relazione malsana, unilaterale e senza amore.

Neanche il narcisista ha motivi per troncare la relazione. Egli la considera funzionale ai propri  bisogni. La sua grandiosità è infatti alimentata dall’avere qualcuno attorno, disposto a sacrificare se stesso per ammirarlo e compiacerlo. Per questo continuerà a irretire il co-dipendente, dandogli giusto l’attenzione sufficiente a mantenere viva la speranza che le cose tornino come prima. Il narcisista poi, mancando di empatia, non vede nulla di sbagliato nel suo comportamento e ha poche ragioni per cambiare il suo atteggiamento.

Alla fine, questa scarsa propensione, da ambo i lati, a modificare la relazione si traduce in una trappola sia per il co-dipendente sia per il narcisista.

Spesso tutto questo si mantiene fino a quando il co-dipendente non raggiunge un punto di rottura. Solo allora sarà disposto a prendere in considerazione anche la fine della relazione. Ed è a questo punto che spesso viene richiesto un aiuto professionale allo psicologo.

La psicoterapia è necessaria innanzitutto per ottenere sostegno, per riuscire ad affrontare l’intensa sofferenza che può emergere nella relazione. Inoltre, attraverso il percorso su di sé, il soggetto co-dipendente può imparare come impostare confini più funzionali nelle proprie relazioni, in grado di preservarlo da relazioni colonizzanti e umilianti. Uscire dalla trappola co-dipendente-narcisista non è facile, ma è possibile liberarsi se si è disposti a chiedere aiuto e a fare il lavoro necessario per imparare ad amare se stessi.

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