Disturbi del sè e dell’autostima

In questo ambito trovano spazio tutta una serie di disagi legati all’immagine di sé  e all’autostima.

Questi disagi costituiscono una tematica che ci influenza molto nel modo di vivere le esperienze quotidiane. È fondamentale, infatti, avere un’idea abbastanza positiva di sé; perché solo se ci sentiamo sufficientemente sicuri di noi stessi possiamo affrontare le difficoltà senza sentirci annientati.

Ognuno di noi partecipa alla vita lavorativa, familiare, relazionale e di coppia, portando un bagaglio con sé. Esso contiene una definizione di sé, costituita dall’insieme delle rappresentazioni, sentimenti, idee, aspettative, che riguardano a nostra stessa persona. In questo “fagotto” troviamo idee su quanto riteniamo di valere, su come gli altri ci considerano; sentimenti riguardo a noi stessi, come per esempio, quanto siamo soddisfatti o contenti di essere come siamo, di vestire i  panni della persona che siamo.

È molto importante che questo insieme di rappresentazioni e sentimenti che ci definiscono siano equilibrati. Perché solo con una rappresentazione equilibrata di noi stessi possiamo affrontare i compiti della vita e le relazioni con sufficiente  consapevolezza delle nostre capacità e dei nostri limiti. Avere, cioè, un’idea abbastanza precisa di quelle che sono le nostre vocazioni e di quali ambiti, invece, non fanno per noi.

Non possedere un sé equilibrato, cioè un narcisismo sano, significa non trovarsi nella condizione migliore per affrontare la vita. Per vivere adeguatamente una relazione o svolgere con successo un compito, è fondamentale avere la consapevolezza di potere incidere nel mondo. È necessario possedere la fiducia di poter trasformare le cose; sentire un apprezzamento di base per quello che siamo e facciamo.

Allo stesso tempo, però, non dobbiamo avventurarci in quello che non siamo capaci di fare, dobbiamo essere consapevoli dei nostri limiti, accettare di essere fallibili, ammettere di poter sbagliare. In definitiva, esiste una dimensione narcisistica in ogni uno di noi; deve esserci.  Se non ci fosse, non potremmo agire e trasformare il mondo! Questa dimensione,  che racchiude tutto quello che riteniamo di essere, non dovrebbe eccedere, né  verso l’onnipotenza irrealistica, né verso l’impotenza.

Possiamo dire allora che il nostro narcisismo può “ammalarsi” e in tal caso alcune  rappresentazioni e sentimenti riferiti a noi stessi risultano disadattivi, diventano  fonte di disagio e di intralcio a una armoniosa realizzazione di noi stessi.

Le sofferenze legate all’immagine di sé e all’autostima possono essere di due tipi:

Il narcisista onnipotente, arrogante, che usa gli altri

Una prima tipologia di sofferenza relativa all’immagine di sé e all’autostima  equivale a un sé ipertrofico e tronfio. Il narcisista onnipotente è un soggetto in  cui c’è un eccesso di narcisismo, con sentimenti correlati di superiorità, arroganza, invadenza e onnipotenza. Rosenfeld (1987) parla di narcisisti “di pelle spessa“.

Akhor e Cooper parlano di narcisisti “overt” e Gabbard (1994) li definisce  “inconsapevoli”. Sono definizioni che ci descrivono un soggetto che non si fa  minimamente toccare da ciò che gli capita intorno, soprattutto dalle reazioni altrui, e che appare piuttosto presuntuoso.

Il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) parla di disturbo  narcisistico di personalità, riferendosi a soggetti estroversi, che tendono ad avere  un sé grandioso, che tendono a sopravvalutare le proprie capacità, i risultati  ottenuti in ciò che fanno; esibizionisti, che nelle relazioni risultano incapaci di  amare, non empatici, con orientamento relazionale teso allo sfruttamento e  all’utilitarismo, e che manifestano arroganza e rabbia quando le cose sfuggono al  loro controllo: sono vittime di un bisogno pervasivo di ammirazione.

Chi ha questo tipo di funzionamento ha molte difficoltà a vivere relazioni  “normali”: esse tendono ad assumere carattere speculare. Questi soggetti, in altre  parole, usano gli altri come specchi per guardarsi e ammirarsi. Per questo hanno  bisogno che gli altri gli forniscano continuamente conferme e ammirazione.

La condizione relazionale ideale per un soggetto narcisista di questo genere è  quella di circondarsi di “partner-adepti”. Spesso il narcisista ha anche un’abilità impareggiabile nel sedurre e manipolare gli altri. Lo fa idealizzandoli, convincendoli che sono persone speciali e che insieme comporranno un circolo esclusivo di eletti. Spesso la funzione del gruppo è quella di offrire a ogni componente un nutrimento reciproco di rispecchiamenti rinvigorenti per l’autostima: una narrazione del tipo “siamo speciali, interessanti, invidiati, siamo i migliori.”

Si tratta di relazioni segnate da vincoli di ammirazione reciproca e dal mantenimento di un’illusione di supposta superiorità che non va per nessun motivo messa in discussione, per non rischiare il crollo. L’alternativa alla grandiosità e alla superiorità, per questi soggetti, non è una condizione di normalità, ma la caduta in uno stato di noia, di grigiore e miseria interiore, che rischia di farli sprofondare. Si tratta di persone “condannate” a sentirsi speciali e superiori, perché un eventuale sentimento di inferiorità, di fallibilità, metterebbe a repentaglio il senso di coesione. Per evitarlo, il soggetto deve attivare dei meccanismi di difesa in grado di proteggerlo.

I più utilizzati sono la svalutazione e l’idealizzazione. Tutto ciò che sostiene la grandiosità viene idealizzato, tutto ciò che rischia di gettare un’ombra sul sé, viene criticato aspramente, svalutato, degradato.

I soggetti appartenenti a questa categoria raramente giungono a chiedere aiuto. La loro convinzione di essere onnipotenti non gli consente di mettersi in discussione a tal punto. Nella loro visione, sono gli altri che sbagliano, che non li capiscono. Solo nel caso di delusioni brucianti o di fallimenti che aprono una breccia, un dubbio su di sé, può farsi spazio un momento di consapevolezza.

Nella maggior parte dei casi, invece, a chiedere aiuto sono coloro che stanno vicini al narcisista. La tendenza a chiedere ammirazione, la non considerazione del punto di vista altrui, le reazioni aggressive e svalutanti a ogni critica, o semplicemente a ogni punto di vista diverso dal proprio, non rendono facile la vita di chi sta vicino a questi soggetti: colleghi, familiari, partner, tendono a sentirsi non considerati, attaccati, manipolati, usati. Ed è proprio per questo che spesso, anche se il narcisista non giunge dallo psicoterapeuta, induce le sue “vittime” a richiedere aiuto, per il disagio e la sofferenza che questi è in grado di generare.

Il narcisista impotente dominato dalla vergogna

La seconda tipologia di sofferenza relativa all’immagine di sé e all’autostima equivale invece a un sé ipotrofico, caratterizzata dal senso di impotenza e dalla paura per il giudizio altrui. Si tratta di un soggetto narcisista per certi versi opposto al precedente, che si contraddistingue per una insufficiente fiducia in sé, oltre che per un senso di scarso valore. Spesso queste persone si crogiolano in un sogno di onnipotenza che appare però come una sottile vernice che nasconde un mondo di insicurezze e vergogna. Rosenfeld (1987) li definisce “narcisisti a pelle sottile”, Akhtar e Cooper li definiscono narcisisti “covert” e Gabbard (1984) li chiama “ipervigili”.
Sono presenti sentimenti di inferiorità e di impotenza. Tutta l’organizzazione della persona investe moltissime energie per difendersi dalla vergogna e per cercare ammirazione da parte degli altri.

La vergogna e l’emozione chiave. In questi pazienti ci sono forti preoccupazioni circa l’immagine di sé. La vergogna, il sentirsi come “nudi”, e senza difese di fronte al giudizio negativo dell’altro, deriva da una preoccupazione spropositata di essere giudicati incapaci e privi di valore. Il soggetto è sempre impegnato a evitare la possibilità di risultare inadeguato gli occhi altrui . Ed è per questo che adotta una serie di difese atte a nascondere il “segreto” della propria tara. Per aiutarlo è necessario fare breccia nelle difese, per giungere alla paura centrale, quella che, utilizzando le parole dei pazienti, è la paura di apparire ridicoli, di essere giudicati come degli stupidi o peggio degli “sfigati”.

Le modalità difensive, usate per tenere lontano questo senso di inferiorità consistono principalmente nella fuga e nella razionalizzazione. Se un compito, un’esperienza, una persona, un gruppo mettono il narcisista ipersensibile di fronte al mortificante rischio dell’impotenza, dell’inferiorità o del fallimento, allora egli si impegnerà attivamente per allontanarsi da quel contesto. La fuga è l’unica via possibile, insieme alla razionalizzazione, cioè la tendenza a raccontare a sé e agli altri che vi si è sottratto per mille buone ragioni, esclusa l’unica reale: la paura del senso di inferiorità.

Terapia

La terapia deve aiutare il paziente a modificare gli assetti narcisistici, spostandoli verso un cosiddetto narcisismo sano. Il narcisismo sano si colloca in una posizione intermedia tra due estremi “disfunzionali”:

Il percorso terapeutico consiste appunto nello spostare verso il centro la percezione di sé. Questo significa lavorare su più piani.

  1. Immagine di sé: è necessario giungere a un’immagine di sé che non sia né caratterizzata da grandiosità e onnipotenza né da inferiorità e impotenza. L’immagine di sé deve essere equilibrata, in grado di rappresentare la persona come una sintesi di capacità, abilità e valori, ma anche di limiti.
  2. In ambito relazionale è necessario attuare il passaggio dagli oggetti- sé primitivi agli oggetti-sé maturi. Questo significa che l’altro con cui sono in relazione, non deve essere più percepito solo come una protuberanza della mia persona, il cui scopo è quello di rinfrancare e sostenere l’immagine di me attraverso l’ammirazione. Devo percepirlo come altro da me, come una persona con una sua storia, con sue prerogative, con suoi desideri, differenti dai miei. Stare in relazione significa reciprocità ed empatia: significa vedere il partner oltre che aspettarsi di essere visti, capire oltre che essere capiti.

In campo relazionale è necessario, nella terapia con soggetti narcisisti, favorire il superamento dei transfert speculari e idealizzanti. I narcisisti, infatti, tendono a impostare relazioni, in cui, l’altro conferma la loro eccezionalità. Qualcosa del tipo: “Io sono grandioso e tu me lo confermi” (transfert speculare). Oppure tendono a idealizzare l’altro, facendone un soggetto grandioso, così da potere partecipare a questa grandiosità: “Tu sei speciale e io ti sono amico/a, quindi sono speciale anch’io”.

  1. Egocentrismo: i soggetti narcisisti sono intrappolati nel proprio punto di vista. Con la terapia dobbiamo favorire la loro a capacità di mettersi nei panni dell’altro e adottarne il punto di vista.
  2. Autostima: è la valutazione affettiva che una persona ha di sé. Rappresenta quanto “ci vogliamo bene”, quanto ci apprezziamo, quanto siamo contenti di noi. È necessario che la psicoterapia aiuti il soggetto a maturare un atteggiamento rivolto a sé stesso il più possibile equilibrato: né l’amore sconsiderato che oscura tutto il resto né un atteggiamento autogiudicante e ipercritico.

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