Cosa si intende per personalità?

Quando parliamo di personalità in ambito clinico ci riferiamo a qualcosa che non è molto lontano da ciò che indichiamo, nel linguaggio comune, quando usiamo lo stesso termine. Ci capita per esempio di dire che un certo tizio ha una personalità “forte“ o “estroversa o stravagante o rabbiosa. Anche confrontando le persone che frequentiamo, amici, colleghi, familiari, individuiamo dei modi di essere differenti. Qualcuno può essere impulsivo, qualcun’altro pedante, un altro riservato o timido. Questi modi di essere lì chiamiamo “personalità“, oppure usiamo il termine “carattere“.

In effetti la personalità o carattere, anche in ambito clinico, è l’insieme di tratti e modi di funzionamento psicologico e relazionale che un certo soggetto presenta abitualmente, una sorta di stile individuale, un “marchio di fabbrica“, che lo rende riconoscibile a se stesso e agli altri. Possiamo definire la personalità come l’insieme delle modalità di pensiero, sentimento, comportamento, relazione che un individuo usa normalmente per affrontare le situazioni di vita, le esperienze relazionali, affettive e lavorative. Tali modalità si strutturano e si stabilizzano nel corso dell’esistenza, fin dalla primissima infanzia. Sono il risultato del sedimentarsi delle nostre esperienze emotive, affettive, relazionali, sociali: in una parola, della nostra storia. Ciò significa che ciò che oggi siamo deriva da come abbiamo dovuto essere a partire dalla nascita, per rispondere alle sollecitazioni del nostro ambiente, familiare, sociale e culturale.

Un altro aspetto importante da prendere in considerazione, per comprendere le origini della personalità è che, nel suo costituirsi, le esperienze relazionali più remote risultano quelle maggiormente determinanti. Poi, man mano che il carattere si va formando, con il procedere dell’età, sempre più la personalità si cristallizza e si struttura come qualcosa che risulta via via più stabile e meno modificabile.

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